Il tema della mobilità urbana sta assumendo sempre maggiore importanza. Negli anni passati sono state molte le amministrazioni che, ad ogni livello, non hanno investito sufficienti risorse per promuovere forme di mobilità alternative all’automobile.

Molti segnali dicono ora che anche nel nostro Paese – come da decenni nell’Europa centrosettentrionale – la domanda di mobilità sta cambiando e che è indispensabile individuare soluzioni e piani per realizzare le trasformazioni richieste: gli amministratori pubblici dovranno sempre più misurarsi con queste problematiche.

La domanda di cambiamento nasce anche come effetto della crisi economica che ci colpisce e che è destinata a durare a lungo, impoverendo sempre di più larghi strati della popolazione. La più modesta delle utilitarie costa, all’anno, non meno di 3000 euro e dunque l’automobile costituisce una spesa importante che pesa sui bilanci familiari.

Il nostro indice di motorizzazione, che è il più alto d’Europa dopo quello del Lussemburgo (nel 2006 avevamo 598 automobili per 1000 abitanti contro una media europea di 463), rappresenta un costo sul reddito familiare che i cittadini sopportano pagando, sempre più faticosamente, l’inesistenza di alternative all’automobile davvero praticabili. Un altro dato che ci fa comprendere maggiormente la problematicità della situazione italiana è il confronto dell’indice di motorizzazione nelle metropoli: si pensi infatti che in città come Berlino ci si muove benissimo con 35 auto ogni 100 abitanti a fronte delle 63 di Milano e delle 76 di Roma (fonte Eurostat).

La fortissima domanda di motorizzazione che sta caratterizzando la crescita tumultuosa di grandi paesi come l’India o la Cina, lascia prevedere scenari economicamente ancora peggiori. Se la media europea è di 463 vetture ogni 1.000 abitanti, in Cina le auto per 1000 abitanti sono 20 e in India 8. In quei paesi il boom della motorizzazione privata è ancora agli inizi, ma è già galoppante. Si pensi che a Pechino (14 milioni di abitanti), il comune, per contenere il traffico, sorteggia fra i richiedenti “solo” 30.000 nuove immatricolazioni ogni mese. Questa crescita inevitabilmente inciderà sempre più pesantemente sulla domanda di petrolio e sul prezzo dei carburanti.

Ha un carattere predittivo sulla domanda di cambiamento anche il fatto che nei paesi più avanzati del nostro continente, il modello di mobilità urbana che si va affermando (e che è sostenuto dalla Commissione Europea: “Piano d’azione sulla mobilità urbana” 30.09.2009) è sempre di più quello centrato sul mezzo pubblico, la bicicletta e la pedonalità. Tale modello ha come obiettivo quello di garantire il diritto alla mobilità di persone e merci conciliandolo con quello alla salute e alla qualità della vita. Si consegue questo obiettivo – dice la Commissione – trasferendo quote di passeggeri dall’automobile al mezzo pubblico, alla bicicletta e alla pedonalità; promuovendo la cosiddetta mobilità sostenibile e, contemporaneamente, pena l’inefficacia delle azioni adottate, disincentivando l’uso dell’automobile privata.

Tutto questo – e molto altro ancora, ma ragioni di spazio impediscono una trattazione più esaustiva – impone agli amministratori di prepararsi ad affrontare queste problematiche con strumenti adeguati. Primo fra tutti la disponibilità di dati. Quando si parla di mobilità urbana, il dato indispensabile per poter individuare obiettivi e redigere piani, è quello relativo alla “partizione modale degli spostamenti quotidiani” (o “modal split”: per un confronto fra la partizione modale degli spostamenti quotidiani in varie città http://en.wikipedia.org/wiki/Modal_share ): si tratta di sapere con quale mezzo di trasporto si muovono le persone per far fronte alle svariate esigenze di mobilità. La disponibilità di questo dato (che si ricava attraverso indagini statistiche che anche Quaeris svolge) consente di valutare priorità, allocare risorse in modo razionale e monitorare i risultati. L’indisponibilità del dato condanna le amministrazioni ad assumere interventi approssimativi di cui non si è in grado di verificare l’efficacia e che rischiano di essere contraddittori.

Il cambiamento nella domanda di mobilità urbana a fronte della drastica riduzione di risorse economiche pubbliche, impone che questo tema sia affrontato dalla pubblica amministrazione redigendo piani che – senza sottovalutare questo aspetto – individuino anche forme di comunicazione interna (diretta ai diversi attori decisivi per la promozione delle azioni necessarie: tecnici, Polizia Locale …) ed esterna volta a sostenere i processi di democrazia partecipata indispensabili – a fronte della complessità e dell’importanza del cambiamento – a promuovere e sostenere il necessario consenso.

Paolo Fabbri è laureato in psicologia e si occupa prevalentemente di formazione e di comunicazione sia in ambito pubblico che privato. Molto interessato ai temi della mobilità urbana, è dirigente di un’associazione no profit che promuove il ciclismo urbano e il cicloturismo.