Gli immigrati fra 10 anni? Secondo il 66,8% non saranno più impegnati in occupazioni umili. Il 61,0% ritiene che amplieranno i loro business, mentre più incerta sarà la loro rappresentanza politica. Il 30,8% è a favore del rimpatrio volontario.

L’Istituto di ricerca Quaeris ha effettuato una ricerca sul fenomeno dell’immigrazione: lo studio è stato effettuato su un campione di soggetti residenti in Italia ed ha voluto esplorare alcuni aspetti relativi a questo tema per identificare il punto di vista dei cittadini a riguardo. I risultati della ricerca sono stati presentati nel corso dell’intervento al Forum PA del 2011 dell’amministrazione provinciale di Pordenone. L’assessore all’immigrazione, Eligio Grizzo, infatti ha presentato le politiche sull’immigrazione della Provincia di Pordenone durante il convegno “Identità e incontro: le politiche pubbliche per l’integrazione. Un esempio di multilevel governance per una politica complessa” (Forum PA, mercoledì 11 maggio ore 10).

Abbiamo voluto, come prima cosa, chiedere ai nostri intervistati quali siano le loro preoccupazioni relative all’immigrazione: la maggior paura è relativa all’estensione del fenomeno della micro – criminalità (33,1%), seguita dal timore che gli immigrati portino via il lavoro agli autoctoni (31,5%). Seguono a maggior distanza le preoccupazioni che riguardano il legame col terrorismo (14,5%) ed il privilegio riservato agli immigrati relativamente ai servizi sociali (9,6%). Ben il 9,3% dichiara di non avere alcun timore a riguardo del fenomeno dell’immigrazione: l’assenza di timori a riguardo è maggiore tra gli over 55 anni.

E quali saranno gli scenari futuri? Il 63,0% ritiene che gli immigrati tra 10 anni saranno parzialmente integrati: tale opinione è maggiormente diffusa tra i maschi, gli under 24 anni ed i residenti nelle metropoli. Il 24,3% invece ritiene che essi saranno pienamente integrati: questa percentuale è maggiore tra gli over 55 anni ed i residenti in piccole città. Il 12,7% infine ritiene che tra 10 anni gli immigrati non saranno integrati e che ciò potrà generare conflitti di vario tipo: tra questi è maggiore la percentuale di over 55 anni e femmine. Per quanto riguarda il mondo del lavoro, il 33,2% del campione ritiene che nei prossimi dieci anni gli immigrati saranno confinati nelle occupazioni più umili, mentre ben il 66,8% ritiene che il loro destino sarà diverso. Inoltre anche dal punto di vista imprenditoriale il 61,0% sostiene che non saranno più presenti solo in pochi settori e con microimprese e pensano quindi che i loro business saranno differenti. Il campione si divide sul fronte della politica: infatti metà campione ritiene che gli immigrati non siano destinati ad essere rappresentati dal punto di vista politico, mentre l’altra metà è fiduciosa a riguardo. Entro una decade secondo il 58,0% l’Italia sarà un Paese di diverse etnie unite da lingua e senso di appartenenza ad una stessa nazione, mentre il 42,0% ritiene che sarà un Paese formato da persone di diverse etnie che, pur parlando italiano, conserveranno le proprie abitudini e l’appartenenza al Paese di provenienza.

Ma gli italiani cosa pensano dovrebbe essere fatto per rendere il fenomeno dell’immigrazione più sostenibile? Il 30,8% vorrebbe fossero favoriti progetti di rimpatrio volontario, il 23,6% propone un potenziamento di attività di educazione per insegnare agli immigrati diritti e doveri ed il 19,8% desidera un maggior supporto nelle scuole per favorire il processo di integrazione. Altre proposte plausibili riguardano l’attivazione più capillare di corsi di lingua italiana (15,3%), l’istituzioni di sportelli di servizio ad hoc per gli immigrati (13,3%) e una maggiore e specializzata presenza di mediatori culturali che favoriscono l’integrazione (12,6%). La provincia di Pordenone in materia di integrazione degli immigrati ha messo in campo alcune esperienze di successo. In particolare ha proposto agli immigrati iscritti ai centri per l’impiego, di svolgere lavori socialmente utili (manutenzione verde e strade), in turni di lavoro e gruppi ristretti guidati da un italiano. In cambio di ciò ha garantito un sostegno non assistenzialistico e una equa retribuzione. A riguardo di questa attività promossa dall’amministrazione, il 55,0% ritiene che un servizio di questo tipo sia esportabile anche presso altre province: ciò sta a sottolineare la valenza di questi progetti.

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