INDAGINE QUAERIS. Solo un terzo dei trevigiani conosce le attività svolte dalla Provincia, ma ben il 40% è contrario al processo di riordino delle Province.

Il disegno di riordino delle province italiane voluto dal governo Monti, al fine di riformare il sistema delle autonomie locali in un’ottica di riduzione della spesa pubblica, ha animato il dibattito politico tra gli amministratori locali del Veneto nelle ultime settimane. In particolare, la definizione dei nuovi confini provinciali, in osservanza dei criteri minimi di popolazione residente e di superficie fissato dal Governo, ha provocato forti resistenze alla possibilità di accorpamenti tra le attuali province oggetto del piano di riordino, chiamando spesso in causa elementi quali l’identità provinciale o specificità territoriali da tutelare.

Proprio per comprendere in che misura questo processo di riforma istituzionale sia conosciuto e percepito dai cittadini, l’istituto Quaeris ha sondato l’opinione dei trevigiani – quindi residenti in una delle province destinate all’accorpamento – in merito alla conoscenza dell’ente provinciale e al piano di riordino promosso dal Governo Monti.

Abbiamo chiesto innanzitutto agli intervistati se fossero a conoscenza di quali funzioni svolga ad oggi la provincia: solamente 1/3 dei rispondenti ha dichiarato di conoscerne le attività, affermazione più diffusa tra i maschi, gli occupati e coloro in età compresa tra i 35 e 54 anni. Tra le funzioni generalmente attribuite a tale ente vi sono la viabilità e trasporti (indicato dal 61,5% del campione), la protezione civile (57,8%), l’agricoltura (55%), il turismo (53,3%) e la cultura (51,6%); meno noti, invece, i campi di intervento della provincia sulle materie dell’ambiente e della gestione della fauna (citati rispettivamente dal 30% e dal 21,6% degli intervistati), dell’urbanistica (22,9%) e dell’edilizia scolastica (19,7%), uniche funzioni queste ultime che a partire dal 2013 saranno mantenute in capo a tale ente, in base alle disposizioni del Decreto Legge 95/2012 (convertito con la Legge 7 agosto 2012, n. 135) varato dal Governo nell’estate scorsa.

I cittadini trevigiani si sono dimostrati sostanzialmente in disaccordo con il processo di revisione e riduzione delle province avviato dal Presidente Monti: sono contrari a tale operazione il 40% degli intervistati, mentre il 26,7% si dichiara invece favorevole; alta la percentuale di chi non sa esprimere un giudizio in merito, che si attesta al 33,3%. Il maggior grado di disaccordo si registra tra i maschi (41,5%) e tra le fasce d’età comprese tra i 35 e 54 anni, mentre le femmine si sono dimostrate più incerte sulla bontà di tale provvedimento (44,4%). Interessante notare come l’impopolarità della manovra di riassetto delle province sia più forte tra coloro che nelle ultime elezioni regionali hanno votato per il centro destra (76,1% di intervistati in disaccordo), mentre trovi apprezzamento tra gli elettori del centro sinistra e del centro (con rispettivamente il 46, 2% e 66,7% di intervistati che hanno espresso il loro favore).

Uno degli appunti che a livello politico gli amministratori locali hanno espresso alla Regione Veneto durante il periodo di elaborazione del nuovo assetto territoriale delle province è stato proprio quello di un suo insufficiente controllo e ruolo di guida in tale processo, come anche di non avere proposto al Governo una soluzione condivisa e capace di tutelare le istituzioni provinciali esistenti. D’altra parte la netta maggioranza degli stessi cittadini intervistati (70,6%) ha dichiarato che proprio la Regione avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di decidere in merito al futuro riassetto delle province venete, mentre il 18,7% del campione ritiene che tale compito spetti allo Stato. Favorevoli all’autonomia decisionale della Regione in tale materia sono in particolare i maschi (77,4%) e gli occupati (82,2%), trasversalmente per le fasce d’età tra i 25 e 54 anni.

Il processo di riordino prevede oltre alla ridefinizione dei confini amministrativi anche una rimodulazione delle funzioni provinciali, mantenendo in capo a tale ente un numero ridotto di attività e trasferendo al livello comunale e regionale le funzioni ad essa precedentemente attribuite. In merito a ciò, è stato chiesto agli intervistati a quale livello di governo dovrebbero essere assegnate le funzioni non più in capo alla provincia. Si rileva una preferenza per una gestione comunale dei servizi del lavoro e dell’impiego (per il 69,6% del campione complessivo, con un valore massimo di 83,6% tra coloro che sono in cerca di occupazione) e della cultura (56,6%), mentre si ritiene possano essere meglio coordinate a livello regionale le funzioni di protezione civile (62,8%), formazione professionale (48,3%) e turismo (48,2%).

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